L’arte della danza
Prima di parlare delle Awalim, delle Almèe e delle schiave, introduciamo l’arte della danza. Nel mondo Arabo, come già detto, insieme alla musica e alla danza folcloristica, o arte semplice e spontanea praticata da tutti e accettata dall’Islam, è sempre esistita una danza colta o d’arte.
Dagli scritti di Al Farabi, Al Mas’udi e Ibn Khaldun si capisce che la danza d’arte, eseguita da professioniste, aveva una grande importanza nella vita e nella cultura delle classi dominanti, di cui animava i festini e le riunioni gioiose, nel fasto più assoluto. Questa danza era sicuramente distinta e da distinguersi dalla produzione popolare spontanea.
Nel X° sec. d.C., Ibn Khaldun, filosofo arabo, così scrisse: “A questa epoca si ricercava sia nel campo dei giochi sia in quello dei divertimenti, tanto da inventare tutto un apparato di danze, di vestiti, di bastoni e canti composti espressamente per regolare i movimenti delle danzatrici. Ciò creò una vera e propria professione a parte”.
Al Mas’udi descrive le caratteristiche fisiche, i doni naturali e le capacità di rappresentazione necessarie ad una danzatrice (ancora molto attuali) e dice: “…l’eleganza e le buone maniere, la morbidezza dei fianchi, la leggerezza, l’arte di lasciar fluttuare la vita e di muovere l’estremità dell’abito, di controllare la respirazione e il rilassamento… avere articolazioni flessibili ed una grande abilità di movimento nel roteare e bilanciare le anche…”. Mas’udi si riferisce alla danza colta, a quei tempi eseguita da artiste ammirate e rispettate, che poi il tempo e la storia trasformerà in colte cortigiane istruite nella musica, nella letteratura, nella poesia e, si dice, anche nell’arte amorosa. Le loro danze sembra che fossero comunque danze di gruppo.
Awalim – le danzatrici colte
Le Awalim (al singolare Alima che significa saggia) erano donne istruite, artiste rinomate e di alto ceto che godevano di grande notorietà sopratutto durante il governo dei Khedive e degli Ottomanni in generale.
Erano invitate ad esibirsi negli Harem dei Re, dei principi e dei dignitari, solo per allietare le donne con la loro arte… in realtà per loro erano le uniche “voci della vita esterna”. La loro danza quindi era colta, raffinata, cittadina e avveniva in spazi chiusi.
Le Awalim erano istruite nella musica, nel canto improvvisato e nella danza. Dovevano avere una bella voce, un buon possesso del linguaggio, la conoscenza delle regole poetiche e una grande abilità nell’improvvisare i loro versi in modo d’adattarli alle circostanze… non esistevano feste senza di loro e chiamarle dava lustro alla casa (Savary 1777).
Come le antiche danzatrici del Nuovo Regno, suonavano per accompagnare i loro mawwal (canzoni improvvisate), per le quali erano molto apprezzate. I mawwal, tuttavia, per la loro assenza di metrica, non sono adatti alla danza così, nelle loro esibizioni, si alternava la musica in accompagnamento al canto, a quella in accompagnamento alle danze.
Si esibivano per le donne, ma dentro l’harem vi era un luogo elevato che si protendeva dentro la corte interna, da dove le Awalim cantavano, così anche gli uomini potevano gioirne, senza vederle: nessuno, tranne il signore dell’harem poteva entrare mentre loro si esibivano (questo porta a dubitare di qualsiasi uomo straniero che dica di aver assistito alle loro danze).
Quando i francesi entrarono al Cairo il loro disprezzo fu tale che preferirono abbandonare la città, piuttosto che essere costrette a danzare davanti a loro.
Il loro repertorio
Secondo Savary (1785) le Awalim iniziavano il concerto cantando su un palco, poi scendevano nella sala e cominciavano a danzare; la loro danza iniziava lentamente per poi accelerare fino a che il fremito, la vibrazione avvolgeva e catturava tutto il loro corpo.
Almée o Awalim comuni
C’è anche una terza categoria fra le Awalim e le Ghawazi: le Almée. Questo è un nome capace di evocare tutta la natura sensuale dell’Oriente e, nell’Ottocento, ha fatto sognare tutti gli Orientalisti.
Le schiave dell’Harem
Vi erano due tipi di danza colta: quella delle Awalim e delle Almée, libere professioniste e quella delle schiave.
Le danzatrici schiave avevano l’unico scopo di soddisfare il loro Signore attraverso le loro arti: erano colte e istruite, ma pur sempre schiave, donne la cui vita dipendeva dalla compiacenza del Signore. Possiamo quindi intuire quanto possa essere stato perso della natura profondamente sacra di questa danza, portata in un contesto dove la donna era stata privata di ogni dignità.
La danza colta quindi, profondamente inserita nel tessuto delle feste e dei divertimenti dei ricchi, era un genere biasimato e rifiutato dai filosofi e dai teorici musicali già a quei tempi. Pertanto ritenevano che in questo contesto si era perduto il lato sacro e divino della musica e della danza, come mezzo per arrivare a Dio. Queste peccatrici, secondo i principi dell’Islam, deviavano gli uomini dalla retta Via.
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